venerdì 29 gennaio 2016

SE SI PERDONO I RAGAZZI PIU' DIFFICILI LA SCUOLA NON E' PIU' SCUOLA

Nella Recensione di Luca Miele, sull'Avvenire del 25/07/2012, : "C'è nella vita, nella pastorale e nelle battaglie di don Lorenzo Milani una sorta di "nucleo incandescente" : una tensione che lo spinge incessantemente verso la parola, una parola mai ambigua o recalcitrante, ma sempre netta, nitida, dirompente, fedele al dettato evangelica - "sia il vostro parlare: Si, si, no, no; il più viene dal maligno (MT. 5, 37)". (...) Maria Grazia Fida pedagogista e scrittrice, coglie la "Rivoluzione" di don Milani proprio nell'intento di "dare la parola ai poveri". "Una scelta - scrive Fida - che susciterà un processo di uguaglianza evangelica così dirompente da mettere il sistema sociale, politico ed ecclesiastico del suo tempo in crisi".
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"EDUCARE ALLA PACE..." :
Renato Zilio ci parla del libro di Maria Grazia Fida su don Milani (edito dalle Paoline)
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“Educare alla pace”: in questo titolo due parole chiave, anzi tre, tracciano il cammino di questo lavoro, come hanno segnato la vita dell’indimenticabile curato di Barbiana. “Educare” mette in luce l’animus squisitamente pedagogico di questo prete di montagna. Ma a differenza di altri preti e dei suoi tempi, lui non predica dal pulpito con il loro stile retorico infarcito di eloquenza antica e di citazioni latine. Preferisce, invece, un altro tipo di comunicazione. Si accosta alla gente. Palpita con i più poveri. Si fa interlocutore di ragazzi incolti e selvatici come le loro capre, in un mondo sperduto dove l’umano e l’animale si ritrovano quasi in simbiosi. Si mette in ascolto della loro vita e della loro dignità. Il maestro ascolta, anzittutto. Per aiutare a diventare “persona”, apertura alla comunicazione e alla trascendenza, a “sviluppare tutte le proprie qualità potenziali”.

Ne costruisce così, miracolosamente, degli uomini di domani. Degli esseri riflessivi, interattivi e critici. E assieme a loro “de-costruisce” un mondo antico, retorico, diviso in classi tra i padroni e i poveri cristi, questi ultimi rassegnati alla loro sorte. O fortemente rivendicativi come i comunisti, tanto che a un funerale “la bandiera del partito comunista entra in chiesa: un fatto imprevisto e mai accaduto prima”. Egli prende per mano questi ragazzi, per partire con loro alla scoperta del mondo degli adulti e delle loro convenzioni, insegnando l’importanza strategica del parlare, della parola. E proprio la parola diventa come un filo di Arianna per entrare nel mondo complicato, istituzionale e formale dell’adulto. Ne smontano i meccanismi. Ne carpiscono il senso. Quasi come quando si aprono delle noci, dove l’aspetto ludico e quello nutritivo si ritrovano insieme: una pedagogia che sa di rivoluzione. E questa prenderà il suo nome.

Nel titolo del libro il termine “alla” ne indica il cammino, lo sforzo, il continuo rimestare e riadattare “gli utensili del mestiere” della parola e del pensiero. Per sentirsi crescere dentro degli uomini coscienti, responsabili, accompagnati interiormente da un suo originale mantra: “I care”. Un inedito parallelo con la figura di Don Bosco permette ancora di sottolineare la stessa passione e compassione per il mondo dei giovani, oltre al valore per i due del binomio “libertà-responsabilità”. Coltivando l’arte di “immergere i giovani in problemi concreti,” e non solo nei libri, sapeva “suscitare in loro sentimenti profondi su ciò che è giusto, e su ciò che non è giusto”.